Tuscania - Centrale a biomasse
I Verdi: "Un progetto da valutare attentamente"
Tuscania 13 dicembre 2005 - ore 2,51
- Sulla proposta di realizzazione di una centrale a biomasse a Tuscania, i Verdi per la Pace hanno intrapreso nei giorni scorsi una verifica, partecipando anche all’incontro promosso dall’amministrazione Comunale di Tuscania e ponendosi, in sede di commissione provinciale nella figura di Bengasi Battisti, con un atteggiamento attento e costruttivo.
La scelta dell’utilizzo di biomasse vegetali per la produzione di energia e calore è opportuna e utile, come indicato nei documenti che richiamano al Protocollo di Kyoto, dove è possibile e compatibile con le scelte e le situazioni locali. In più occasioni abbiamo auspicato e lavorato affinché fosse più ampio il ricorso agli impianti di cogenerazione.
Non essendo possibile prescindere dai contesti in cui tali impianti si vanno ad inserire, la proposta di una centrale termoelettrica a biomasse a Tuscania, presentata dalla società Tuscania Bioenergia srl e sostenuta dalla stessa amministrazione comunale, presenta aspetti poco soddisfacenti ed esaustivi.
Nel contesto della Maremma laziale viene proposto un impianto per la sola produzione di energia di 10 MW di potenza. Una potenza plausibile secondo il piano energetico provinciale per l’intero territorio della Tuscia, ma che si colloca a ridosso del polo energetico più grande d’Europa che con oltre 7000MW di potenza prodotta dalle centrali ENEL di Civitavecchia e Montalto di Castro grava sul territorio con una servitù energatica da oltre quindici anni.
Il concetto fondamentale nella programmazione di scelte di questo tipo dovrebbe inseguire, oltre al risparmio nell’emissione di agenti inquinanti in atmosfera, anche l’obiettivo dell’autosufficienza energetica delle comunità socio-economiche, secondo quanto previsto riportato anche dalle schede tecniche redatte a cura della stessa Tuscania Bioenergia srl.
Nel caso degli impianti a biomassa, ne conseguirebbe la necessità di approvvigionarsi di materiale combustibile entro un raggio di 30/40 km dall’impianto e, nel caso di Tuscania tale quantitativo corrisponderebbe a 100000 t/anno: un’ipotesi di circa 15/20 tir al giorno carichi soprattutto di legno proveniente da nuove coltivazioni arboree a rapida crescita, che dovrebbero essere impiantate nelle piane di Montalto, Tarquinia e Civitavecchia.
Come detto, l’impianto non sarà utilizzato nè per il teleriscaldamento (riscaldamento delle case dei cittadini di Tuscania) né per l’autosufficienza energetica della città e del territorio tuscanese, che pure sarebbe possibile, ma per il solo inserimento in rete di energia elettrica (con una resa molto bassa della capacità calorica del 25%) che rende di fatto l’impianto economicamente ed ecologicamente non sostenibile.
La convenienza, ma unicamente per la società proponente, risiede nella concessione di contributi economici da parte della Comunità europea (CIP 6) previsto per l’insediamento di impianti alimentati ad energie elternative.
Pertanto, alla cittadinanza non resterebbe sostenere gli oneri di tale progetto anche in virtù del fatto che la società Tuscania Bioenergia è totalmente privata e fra i soci non compaiono gli enti locali come, invece, un sano progetto di risparmio energetico ed economico locale potrebbe e dovrebbe prevedere.
I dati in nostro possesso dimostrano che l’approvvigionamento della centrale non potrà avvenire utilizzando le biomasse prodotte localmente, ma sarà necessario provvedere al rifornimento tramite legno trasportato via mare (tramite Civitavecchia) e proveniente da oltre oceano (Canada, Brasile) come avviene per casi analoghi in Italia dove gli impianti a biomassa sono collocati in aree non a vocazione forestale.
L’insediamento di un impianto a biomassa in Maremma si inserisce nelle opportunità conseguenti agli impegni di riduzione delle emissioni di CO2 derivanti dal Protocollo di Kyoto.
La società proprietaria dell’impianto, che non utilizzerebbe combustibili fossili, riceverebbe infatti un contributo europeo sottoforma di Certificati Verdi smerciabili a caro prezzo sul mercato energetico a società – come ENEL – che non assolvono ai propositi di Kyoto sulla riduzione di gas serra. ENEL sta infatti costruendo proprio nel comprensorio il nuovo impianto energetico a carbone che emetterà maggiori quantità di CO2 dell’impianto a olio combustibile che andrà a sostituire.
Ma l’insediamento dell’impianto mette in discussione anche un ulteriore aspetto: gli accordi con i produttori locali per la fornitura di biomasse legnosa. Infatti la disponibilità di biomasse esterne a basso costo ridurrebbe il valore delle produzioni locali.
Per circa 12 anni sono infatti previsti bonus europei per la produzione di coltivazioni agroenergetiche che andrebbero a sostituire i fondi erogati fino ad ora dall’UE a sostegno di particolari coltivazioni o dei terreni a riposo (set-aside).
Si tratta di cifre risibili che, oltre a richiedere ulteriori incentivi regionali, determineranno ancora il protrarsi di una stasi nello sviluppo agricolo di qualità certificata, limite già preventivato e previsto dalla stessa ENEL che a seguito dell’attivazione della centrale a carbone suggerisce l’abbandono delle produzioni agroalimentari nel comprensorio. Quali garanzie e convenienza, quindi, per lo sviluppo e la valorizzazione del territorio?
Ulteriori dubbi derivano da carenze analitiche del progetto, che non risulta esauriente per quanto concerne modalità e costi per l’approvvigionamento del combustibile, mancano i dati relativi alle emissioni di micropolveri e dei sistemi adottati per trattenerle.
Invitiamo dunque l’amministrazione comunale ad approfondire l’analisi del progetto ed a condividerla con i cittadini e gli esperti, senza preclusioni o posizioni intransigenti, che siano contro o a favore della realizzazione della Centrale.
FEDERAZIONE PROVINCIALE
VERDI PER LA PACE
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