COMITATI E ASSOCIAZIONI SI MOBILITANO CONTRO IL MODELLO ENERGETICO DELL’ENEL – SABATO A CIVITAVECCHIA SI TERRA’ LA SECONDA ASSEMBLEA NAZIONALE DELLA CAMPAGNA STOP ENEL
La campagna nazionale “Stop Enel” nel prossimo fine settimana terrà a Civitavecchia la sua seconda assemblea nazionale. Sabato pomeriggio, presso la Sala Consiliare “Renato Pucci” – Piazzale Pietro Guglielmotti, 7, avrà luogo un incontro pubblico a cui parteciperanno dal vivo o in collegamento esponenti dei gruppi e dei comitati che si oppongono ai progetti dell’Enel in Italia e nel resto del mondo.
A seguire il programma dell’evento di sabato 29 settembre
Ore 15.30 – Presentazione della campagna “Stop Enel” e del CNNC (Coordinamento Nazionale No al Carbone)
· Rete Stop ENEL
· CNNC: Giorgio Crepaldi
Ore 16.00 – Interventi, collegamenti e video dai territori italiani, dall’America Latina e dall’Europa dell’Est.
· Russia: Videomessaggio Vladimir Slyviak – Ecodefense
· Colombia: Videomessaggio Miller Dussan – Asoquimbo
· Porto Tolle: Comitato cittadini liberi: Giorgio Crepaldi
· Rossano Calabro: Flavio Stasi
· Brindisi: un esponente dei comitati
· Saline: un esponente dei comitati
· La Spezia: Daniela Patrucco
· Amiata: Roberto Barocci o Giuliana Gentili
· Greenpeace: Intervento su campagna”il carbone produce un morto al giorno” (verifica Mauro Mocci)
Ore 17.00 – Movimento No Coke Altolazio, schiavitù energetica e legalità.
Ore 17.30 – Dichiarazione di intenti e proposte di azione delle associazioni ed i comitati aderenti alla rete StopENEL
Ore 18.30 –Da un modello energetico obsoleto alla democrazia e la sostenibilità energetica
. Lucio Gentili – pensionato già funzionario dei Centri di Progettazione Enel
· Livio de Santoli
Ore 20.00 – Cena sociale.
Ore 21.00 – StoppaEnelLive Musica dal vivo.
Che cosa è la campagna “Stop Enel”
La campagna “Stop Enel” si è costituita nell’aprile 2012 con una prima assemblea internazionale alla quale hanno partecipato rappresentanti delle comunità colpite dagli impianti dell’ENEL in Italia, in America Latina e nell’Est Europa.
La campagna nasce per denunciare e arrestare il modello energetico praticato dalla multinazionale italiana, ancora oggi per il 31 per cento di proprietà del ministero dell’Economia e delle Finanze. Un modello insostenibile e distruttivo per l’ambiente, che viola i diritti umani ed il diritto ad un ambiente sano e impedisce alle comunità coinvolte di partecipare alla pianificazione del territorio. Inoltre la sua disperata e affannosa ricerca di fonti energetiche, obsolete e inquinanti o tecnologie sedicenti eco-sostenibili, non risponde ad altra logica che quella del profitto, andando a sostenere un modello economico basato sulla crescita infinita della produzione di merci e di conseguenza del consumo energetico regolato da tariffe monopolistiche e speculative.
Obiettivo della campagna è promuovere un modello energetico alternativo che metta al centro i diritti umani, la giustizia ambientale e sociale, la difesa della salute dei cittadini e del territorio come bene comune. “Stop Enel” intende mettere in rete le comunità locali, i movimenti sociali e le associazioni coinvolte nei diversi conflitti con lo scopo di costruire strategie congiunte, aumentare la capacità di incidenza sull’opinione pubblica nazionale e internazionale.
La rete, che ha raccolto più di 50 adesioni di associazioni, gruppi e comitati locali, invita tutti a partecipare alla sua IIa assemblea nazionale che si svolgerà a Civitavecchia il 29-30 settembre.
L’incontro è ospitato dal Movimento No Coke Alto Lazio che da oltre dieci anni si batte contro la riconversione a carbone della centrale di Torrevaldaliga nord. La nuova centrale, che emette ogni anno 10,3 milioni di tonnellate di CO2 e oltre 6 milioni di metri cubi l’ora di emissioni inquinanti varie, è attiva dal 2010 e si inscrive in un contesto già duramente colpito da una ultradecennale servitù ambientale costituita da numerosi impianti. I dati sulla salute pubblica nel comprensorio di Civitavecchia, sono allarmanti: la zona è al primo posto nel Lazio ed al terzo in Italia per mortalità causata da tumori ai polmoni, alla trachea e ai bronchi, con leucemie e linfomi diffusi in maniera nettamente superiore rispetto alla media nazionale.
Vogliamo realizzare assieme un differente modo di abitare questo pianeta, assieme a tutte le comunità dove Enel sviluppa i suoi progetti, valorizzando il nostro diritto a un ambiente sano, a una vita degna di essere vissuta, (al rispetto dei diritti umani, alla difesa dei beni comuni), alla partecipazione nella pianificazione del territorio.
L’incontro darà un’occasione per aprire un dibattito nazionale sul modello energetico, rafforzare il coordinamento e l’azione dei comitati e delle associazioni e fra le diverse reti, portare un contributo al dibattito in corso a Civitavecchia.
Quali sono gli obiettivi della campagna
Oggi sono 40 i paesi dove ENEL opera nel settore dell’energia elettrica e del gas. Nel 2009 con la definitiva acquisizione della società elettrica spagnola ENDESA, Enel ha ereditato impianti e progetti in numerosi paesi dell’America Latina. Ad accomunarli è purtroppo un evidente retaggio coloniale, che include legislazioni nazionali anti-democratiche e sistemi di valutazioni ambientale chiaramente inadeguati e orientate al settore corporativo come dimostra la gravità degli impatti socio-ambientali. L’arroganza di Enel si è gravemente manifestata anche in Italia verso i territori interessati dai suoi progetti e gli abitanti coinvolti.
Nonostante l’immagine verde e di impegno verso la sostenibilità, che la multinazionale italiana si affanna a comunicare attraverso i suoi messaggi promozionali, la realtà è ben diversa. L’ENEL continua a costruire centrali a carbone nonostante gli impegni di riduzione dell’emissione di gas serra, e usando in maniera ingannevole terminologie come “carbone pulito”. Ciò è possibile grazie ai meccanismi cosiddetti flessibili del protocollo di Kyoto che consentono alle imprese di continuare ad inquinare, assegnando veri e propri permessi di emissione in cambio della costruzione di impianti di energie rinnovabili. Ma l’energia può essere considerata verde solo ad alcune condizioni. Non quando rischia di distruggere ecosistemi incontaminati, come nel caso del progetto Hydroaisèn nella Patagonia cilena e dei progetti previsti sulle nostre Alpi, o quando calpesta i diritti, le economie locali e l’accesso all’acqua delle comunità contadine e dei popoli indigeni, come avviene nella regione Ixil in Guatemala, in Colombia e in Cile spesso in violazione della Convenzione 169 dell’ILO. L’energia non può essere considerata verde o rinnovabile quando prosciuga le falde acquifere, emette sostanze dannose per la salute dei cittadini o li espone a rischi incalcolabili come nel caso della geotermia sull’Amiata e del nucleare in Slovacchia o in Russia.
ENEL è pertanto responsabile di promuovere in Italia ed esportare all’estero un modello energetico insostenibile e obsoleto, aggravato da un atteggiamento autoritario e irrispettoso dei territori locali. Un modello basato su una produzione centralizzata per mezzo di grandi impianti, imposti alle comunità locali e velati da compensazioni economiche elargite ai comuni o ai governi compiacenti, spesso mascherate da politiche di responsabilità sociale d’impresa che dividono intere comunità. E’ nei grandi cantieri infatti che si annidano la corruzione, la speculazione, il conflitto di interesse e si realizzano i profitti maggiori, a scapito dell’ambiente e dei diritti delle comunità. Un modello di produzione finalizzato non a migliorare la qualità della vita dei cittadini e garantirne l’approvigionamento energetico, ma ad alimentare l’industria estrattiva ed un’economia basata sul saccheggio e sullo sfruttamento illimitato delle risorse. Un modello che sta inevitabilmente generando conflitti ambientali e sociali con le comunità locali. I principali a livello internazionale sono oggi in corso in Cile, e particolarmente nella regione dell’Aysènin Patagonia, nel territorio ancestrale e nei siti sacri di Panguipulli (Cile), nel Municipio indigeno di San Juan Cotzal (Guatemala), nella zona di El Quimbo, Dipartimento di Huila (Colombia), a Porto Romano (Albania), a Mochovce (Slovacchia), nel Distretto di Galati(Romania), a Kaliningrad (Russia). In Italia, a Civitavecchia, sul Monte Amiata, sulle Dolomiti, a Porto Tolle, a Brindisi, a Bastardo, a Fusina, a Genova, a La Spezia.
La risposta che l’alleanza tra impresa e governi ha troppo spesso riservato alle comunità locali che si battono per difendere il territorio è repressione, violenza e criminalizzazione attraverso leggi speciali.
Noi vogliamo un altro modello di produzione, distribuzione e gestione dell’energia e di definizione delle priorità. Un modello reticolare, decentralizzato ed efficiente basato su impianti di energia rinnovabile di piccola scala, che avvicini la produzione di energia al consumo, eliminando la necessità di grandi linee di trasmissione, che preveda l’effettiva partecipazione delle comunità locali nei processi decisionali di pianificazione e gestione e che non danneggi la salute delle persone e l’ambiente.
Per questo ci attiviamo con una campagna internazionale che:
- Denunci e arresti un modello di sviluppo estrattivista e un modello energetico insostenibile e distruttivo per l’ambiente, che viola i diritti umani ed il diritto alla partecipazione delle comunità coinvolte.
- Promuova un modello energetico alternativo che metta al centro i diritti umani, la difesa della salute dei cittadini e la difesa del territorio come bene comune
- Sostenga unitariamente le rivendicazioni delle comunità locali in Italia e a livello internazionale
- Dia vita ad una campagna globale che metta in rete le comunità locali, i movimenti sociali e le associazioni coinvolte nei diversi conflitti.
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